venerdì 8 agosto 2008

13 - Non Giudicare - "La sapienza del cuore" (di Padre Fabrizio CARLI)


Un primo frutto della benevolenza è di portarci all’adempimento del precetto del Signore: “Non giudicate” (Mt 7,1), che è tanto difficile da mettere in pratica, ma che è pure indispensabile per amare veramente. Si tenga infatti presente che il nostro atteggiamento verso il prossimo viene facilmente influenzato dal primo giudizio che facciamo su di esso. E siccome tale giudizio è immediato e quindi quasi sempre sfugge alla nostra attenzione e alla nostra coscienza, ci troviamo di conseguenza prevenuti nei riguardi del prossimo. Questo va a scapito della verità e della giustizia e costituisce un grave ostacolo all’amore. Il non giudicare, inoltre, ce lo possiamo rendere ancora più difficile perché pensiamo di essere invece tenuti a vedere e giudicare le cose come sono; non possiamo chiudere gli occhi e ignorare quello che avviene attorno a noi: la verità stessa - pensiamo giustamente – esige di essere riconosciuta per quello che è.Non è però difficile capire chi il precetto del Signore non implica di chiudere gli occhi; non ci vieta certamente di prendere atto di ciò che vediamo, di constatare ciò che gli altri dicono o fanno. Così, quando qualcuno compie un’azione evidentemente cattiva, non mi è proibito di pensare che egli compie questa azione cattiva; è certamente un giudizio, questo, che faccio, ma con esso mi limito a constatare un fatto, mi limito a dire: avviene così e così. Normalmente , però, non ci limitiamo ad un giudizio di semplice constatazione: aggiungiamo anche una valutazione sulla persona che compie quella determinata azione, e concludiamo con una condanna della persona medesima.Ebbene, sono proprio questa valutazione e questa condanna che ci vengono proibite dal precetto del Signore. Infatti è contro la verità e quindi contro la giustizia il fare - in questi casi – qualsiasi valutazione, perché non siamo mai in grado di conoscere le intenzioni e le condizioni morali del nostro prossimo; e questo anche quando le apparenze esteriori sembrassero giustificare un determinato giudizio. Prendiamo un esempio dal Vangelo. Al banchetto a cui Simone il fariseo ha invitato Gesù, ad un certo momento si presenta la donna che gli si getta ai piedi. Ebbene, Simone non constata semplicemente il fatto: ma formula un giudizio in cui è implicata una severa condanna, dicendo temerariamente dentro di sè: “Se costui fosse profeta, saprebbe che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice”(Lc 7,39).In questo caso, verrebbe quasi da dire, il non giudicare sarebbe stato troppo per Simone: egli conosceva, infatti, quella donna: eppure come si sbaglia sul suo conto! Di lì a poco Gesù dirà di lei tutto l’opposto proprio perché la donna “non era” come la giudicava Simone, per lei userà parole che potevano essere dettate soltanto dall’infinita delicatezza dell’amore che comprende l’amore.Quanto sia moralmente importante il non giudicare nel senso che si è detto, è indicato anche dalle parole di Gesù, che non si limita a dirci di non giudicare, ma che precisa: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con cui giudicate sarete giudicati e con la misura con la quale misurate sarete misurati” (Mt 7,1-2). Identicamente in san Luca:”Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 6,37-38). “Non giudicate e non sarete giudicati”: è evidente da questo che il “giudicare” trae sempre con sè una conseguenza dell’ordine morale: chi giudica, commette un atto di ingiustizia, per cui egli viene a sua volta giudicato e condannato dall’eterna verità e dall’eterna giustizia.Il cuore buono, il cuore pieno di benevolenza, non ha però bisogno di essere ammonito delle conseguenze morali che derivano dal giudicare: esso si astiene da ogni giudizio perché comprende che il voler bene incomincia già in quel primo atto interiore con cui si accetta e si abbraccia ogni persona come è e per quello che è, senza passarla attraverso il filtro di un giudizio: infatti il giudicare equivale a costituire se stessi giudici di fronte ad un imputato. E noi non possiamo essere giudici di nessuno: noi dobbiamo soltanto amare.È qui il caso di ricordare le parole di san Paolo ai Corinzi: “A me poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi io neppure giudico me stesso, perché, anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio” (1 Cor 4,3-5).Lo stesso apostolo ammonisce altrove gravemente: “Sei inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose… Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio?” (Rm 2, 1-3).

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il movimento del cuore... il non rimanere statici.
Effettivamente Gesù nei vangeli non appare come uomo che risparmia il prendere atto delle cose così come sono. Usa questo prendere atto per mettere in guardia dai comportamenti sbagliati agli occhi di Dio, che nel tempo sono stati assimilati come errori verso l'uomo, verso il proprio prossimo che, come gli stessi precetti annunziano, bisogna rispettare come se stesso e che bisogna amare come se stesso!
Gesù prese con sé delle persone comuni; dal popolo li prese, gente umile e che lavorava duramente per tirare avanti. E Lui li amò, amò la loro umanità e lo dimostrò loro. Li istruì su come comportarsi per raggiungere e poter sostenere lo sguardo della Perfezione, ognuno nella loro imperfezione. Amò Pietro mentre gli annunziava che lo avrebbe rinnegato, quello stesso Pietro che aveva assiso a fondatore della Sua chiesa e che Lo aveva riconosciuto come il Messia.
Nelle parole 'non giudicate' c'è la richiesta di amarsi l'un l'altro come Lui ama, perché Lui li ama come essi sono, prendendo atto delle loro caratteristiche e delle loro peculiarità.
Quante volte abbiamo sentito da qualcuno o, forse, anche noi stessi abbiamo pensato: 'attenzione a quello lì, che ha fatto questo e questo..'. Oppure: 'cerca di non avere a che fare con quello lì, che fatto questo e questo..'. Ora, quanti di noi si sentono completamente puliti dentro? Quanti non si sono vergognati almeno una volta di azioni fatte contro sé stessi o contro altri? ...E quante volte abbiamo detto: 'stai attento a te stesso, che hai combinato questo e questo..'?
Quanto amore c'è nelle parole del Signore, c'è la richiesta di amare incondizionatamente, seppur con attenzione, di non aver paura se si ha il cuore pulito e ci insegna come fare pulizia. Ma forse mi ci vuole una cosa aggiuntiva per custodire gli insegnamenti e poterli fare miei con naturalezza: ci vuole la memoria del cuore alla Parola, anch'essa dono squisito di Dio da coltivare con la lettura costante, con la ricerca e la preghiera, con l'ascolto, con disposizione e umiltà (Ammetto di essere una terribile smemorata), e come un Dono ho bisogno di chiederla; come Bisogno, riconoscerla!
La strada è lunga, piena di ostacoli, ma ci sono due orme affiancate nella strada del cuore. Una è la nostra umanità, l'altra è la certezza che il Signore si prende cura di noi.
Un caro abbraccio da Brigida.