martedì 14 aprile 2009

BENEDETTO XVI - “Esiste un ponte tra il Cielo e la Terra: il Sacramento dell’Eucaristia”


CASTELGANDOLFO - Esiste "un ponte fra il mondo e la vita eterna, sul quale ogni uomo e ogni donna puo' passare per giungere alla vera meta del nostro pellegrinaggio terreno". Lo ha detto Benedetto XVI tornando a parlare della Pasqua alle migliaia di fedeli che lo hanno seguito a Castelgandolfo, dove trascorre qualche giorno di riposo. A gettare questo ponte e' stata "la Risurrezione del Signore", ha spiegato il Papa, rilevando che essa "ci assicura che il piano divino della salvezza si compira' certamente". "Gioisce pertanto la comunita' cristiana", ha commentato. E dunque, "la Pasqua e' veramente la nostra speranza: risorti con Cristo mediante il Battesimo, dobbiamo ora seguirlo fedelmente in santita' di vita, camminando senza sosta verso la Pasqua eterna, sorretti dalla consapevolezza che le difficolta', le lotte, le prove, le sofferenze dell'umana esistenza, compresa la morte, ormai non potranno piu' separarci da Lui e dal suo amore". "Il Figlio dell'uomo, crocifisso, pietra scartata dai costruttori, e' diventato - ha scandito il Papa teologo - il solido fondamento del nuovo edificio spirituale, che e' la Chiesa, suo Corpo mistico. Il popolo di Dio, che ha Cristo come suo capo invisibile, e' destinato a crescere nel corso dei secoli, sino al pieno compimento del piano della salvezza". Cosi', mediante la Chiesa, il Signore e' presente nella nostra vita. "Quest'assicurazione di Gesu' - ha ricordato il Pontefice - si realizza soprattutto nell'Eucaristia; e' in ogni celebrazione eucaristica che la Chiesa, ed ogni suo membro, sperimentano la sua presenza viva e beneficiano di tutta la ricchezza del suo amore. Nel Sacramento dell'Eucaristia, il Signore risuscitato ci purifica dalle nostre colpe; ci nutre spiritualmente e ci infonde vigore per sostenere le dure prove dell'esistenza e per lottare contro il peccato ed il male. E' lui - ha proseguito - il sostegno sicuro nel nostro pellegrinaggio verso l'eterna dimora del Cielo. La Vergine Maria, che ha vissuto accanto al suo divin Figlio ogni fase della sua missione sulla terra, ci aiuti ad accogliere con fede il dono della Pasqua e ci renda fedeli e gioiosi testimoni del Signore risuscitato". "La gioia pasquale si sente, la sentiamo". Cosi' Benedetto XVI ha poi risposto sorridendo all'entusiasmo incontenibile dei circa tremila fedeli che gremivano il cortile della residenza estiva di Castelgandolfo e che piu' volte lo hanno interrotto applaudendo e gridando "viva il Papa". "Gesu', Dio lo ha risuscitato, e noi tutti ne siamo testimoni", ha quindi ripetuto il Pontefice ai pellegrini arrivati dalla Polonia, che si sono uniti agli italiani nelle manifestazioni di affetto. "Che la nostra testimonianza della Risurrezione di Cristo diventi - ha auspicato Benedetto XVI - sorgente di speranza per tutto il mondo". Il Pontefice ha infine rivolto un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. "In particolare - ha detto - saluto i fedeli della parrocchia San Pietro in Albano Laziale, accompagnati dal Vescovo e dal parroco. Mi felicito con voi per l'iniziativa dell'adorazione Eucaristica continuata che avete intrapreso ed inoltre volentieri benedico i rosari che portate con voi. A tutti - si e' infine congedato il Papa - auguro nuovamente Buona Pasqua".

lunedì 13 aprile 2009

Il Signore è risorto! E' veramente risorto! Allelúia!

Alla vittima pasquale,
s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha redento il suo gregge,
l'Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente,
la gloria del Cristo risorto,e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto;
e vi precede in Galilea».
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
Amen. Allelúia.

Ero cieco

Ed è venuto LUI,

la Luce vera,

ad illuminare le mie tenebre.


Ero morto

Ed è venuto LUI,

la Vita,

a farmi risuscitare.


Ero nel peccato

Ed è venuto LUI,

il perdono,

e mi ha ridato gioia e libertà.


Ero caduto nel baratro della morte, del peccato, del buio,

ed è venuto LUI,

Buon Pastore

Mi ha cercato, mi ha trovato, mi ha caricato sulle spalle

E mi ha riportato nella sua casa.


BUONA PASQUA DI PERDONO, PACE, TENEREZZA, LUCE E VITA NUOVA.

Valter, eremita
Pasqua 2009

domenica 12 aprile 2009

Il Signore è risorto! E' veramente risorto! Alleluia.

Cristo risuscitato dai morti non muore più

Dalla lettera di S. Paolo apostolo ai Romani Rm 6, 3-11

Fratelli, non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione. Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato. Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato. Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui. Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura At 10, 34a. 37-43
Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti.
Dagli Atti degli Apostoli
In quei giorni, Pietro prese la parola e disse: «Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo predicato da Giovanni; cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle che si manifestasse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio. A lui tutti i profeti danno questa testimonianza: chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del suo nome».
Salmo Responsoriale Sal 117
Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci ed esultiamo.
Oppure:
Alleluia, alleluia, alleluia.
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Seconda Lettura Col 3, 1-4
Cercate le cose di lassù, dove è Cristo.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési
Fratelli, se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio! Quando Cristo, vostra vita, sarà manifestato, allora anche voi apparirete con lui nella gloria.
oppure: 1Cor 5, 6b-8
Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, non sapete che un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete àzzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con àzzimi di sincerità e di verità.
SEQUENZA
Alla vittima pasquale, s'innalzi oggi il sacrificio di lode.
L'agnello ha redento il suo gregge,
l'Innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre.
Morte e Vita si sono affrontate in un prodigioso duello.
Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa.
«Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?».
«La tomba del Cristo vivente, la gloria del Cristo risorto,
e gli angeli suoi testimoni, il sudario e le sue vesti.
Cristo, mia speranza, è risorto; e vi precede in Galilea».
Sì, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.
Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza.
Canto al Vangelo Cf 1 Cor 5,7b-8a
Alleluia, alleluia.
Cristo, nostra Pasqua, è immolato:
facciamo festa nel Signore.
Alleluia.
Vangelo Gv 20, 1-9
Egli doveva risuscitare dai morti.
Dal vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

venerdì 10 aprile 2009

E’ LA PASQUA DEL SIGNORE (di padre Valter Arrigoni)


Cominciamo a dire che la cosa significa la parola Pasqua. Per gli ebrei ricorda diversi momenti della storia di YHWH con il suo popolo Israele. La notte di Pasqua è la notte nella quale si realizza la maledizione dell’ultima piaga quella della morte dei primogeniti di ogni famiglia degli egiziani. L’angelo della morte passa oltre le case degli schiavi ebrei segnate dal sangue dell’agnello che è stato immolato per essere mangiato in piedi con tutta la famiglia ed i vicini di casa. Si mangia in piedi perché si è pronti per partire. Si mangia con il contorno di erbe amare come segno dell’amarezza che talora riempie del suo sapore la vita. Momenti come il dover fuggire di notte, esuli. Schiavi che scappano inseguiti dai loro padroni. Nel mondo antico, anche quello romano, lo schiavo era considerato una cosa appartenente al suo padrone. Se lo schiavo fuggiva e veniva ripreso poteva essere ucciso. La fuga era uno dei reati più gravi. Eppure questi schiavi sono protetti da Dio. Anche se per loro il credere questo vuol dire aver fiducia in uno sconosciuto come è per loro Mosè. La prima Pasqua allora avviene nella notte della fuga dall’Egitto ed è la Pasqua che darà il senso a tutte quelle che seguiranno. Ci sono in questa notte che, come dice il rituale ebraico del “seder” di “pesach”, è la madre di tutte le notti, la notte più luminosa di tutte, diversi significati che verranno poi presi dalla Pasqua cristiana. E’ la notte del passaggio dalla morte alla vita. Cosa è accaduto nel sepolcro? Il venerdì si è deposto un corpo martoriato e morto. Il corpo di un giovane odiato, maltrattato, umiliato e che ha subito una delle morti più atroci dopo una agonia di ore. Soffocato sulla croce dove era stato inchiodato dopo una via crucis dolorosa. Dolorosa nella carne ma anche e soprattutto nel cuore, nello spirito quando vedeva sua madre, quando ripensava a tutta la sua vita ed alle ultime ore. Quando sentiva le ingiurie, le offese, la rabbia contro di lui della gente che pochi giorni prima lo osannava. Gente alla quale aveva voluto e fatto bene. Nel sepolcro, nell’angusto e stretto ambito di una tomba acceda che l’eterno entra nel tempo, l’infinto nello spazio, la vita nella morte. Dio riprende la sua presenza di vita nel corpo morto del Figlio “Mors et vita duello conflixere mirando. Dux vitae mortuus regnat vivus”. “La vita e la morte hanno combattuto un duello ammirabile. Il Signore della vita che era morte ora regna vivo”. La morte passa oltre, viene sconfitta definitivamente, la salvezza viene offerta a tutti ed il segno primo di questa salvezza è che non si muore più. Altro significato è l’essere sempre sul piede di partenza,a avere sempre chiaro che “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Cosa significa concretamente credere nel risorto? Significa anche non porre la propria sicurezza, la certezza della vita, la causa della nostra gioia in altro che non sia capace di sconfiggere la morte. Tutto passa solo Dio resta. Resta con tutta la vera vita resta sconfiggendo la morte, il peccato, tutto ciò, ed è proprio tutto ciò che è destinato a finire. Cristo sconfigge la morte. A Sansepolcro c’è un quadro di Piero della Francesca che rappresenta la risurrezione. Gesù ha un aspetto regale, è il Signore che sconfigge la morte. Accanto a lui ci sono i soldati che dormono e lui sta in piedi con un vessillo in mano. Vero vincitore. Vero Signore. Da un lato del Cristo ci sono alberi spogli, la natura nell’inverno, morta e dall’altro lato ci sono gli alberi nel rigoglio della primavera. La risurrezione i Gesù non è solo la sua, non riguarda solo lui ma è per tutti, di tutti. Occorre fidarsi. Come gli ebrei si fidarono di Mosè e misero a repentaglio la loro sicurezza, la loro vita stessa così occorre fidarsi di Gesù. La sua risurrezione è la prova che Dio ci dona, la prova certa, la ragione per la quale fidarsi di Gesù, credere in lui. La vita vince la morte. Pasqua è la festa della vita. Quelli che non sono di Dio, quelli che con arrogante superbia, come il faraone, rifiutano gli inviti a salvarsi da parte di Dio sono destinati alla morte. Sono destinati ad una apparenza di vita data dal benessere, dalla sicurezza, dalla ricchezza. Molti salmi ricordano questi momenti e questo atteggiamento di coloro “che confidano in carri e cavalli”. “Pensavano:’ inseguiamoli, raggiungiamoli, sterminiamoli, prendiamo i loro beni’ … ma tu, o Signore, hai confuso i loro pensieri”. Anche nella celebrazione della Pasqua ebraica una settimana prima si toglie dalle case tutto il lievito vecchio e si mangiano i pani azzimi, cioè fatti con pasta non lievitata (e’ per questo che usiamo le ostie per la Messa e non il pane lievitato). Il senso di questo segno è che tutto viene reso nuovo con la Pasqua, con il passaggio del Signore. Tutto viene reso nuovo dall’entrare di Cristo nella nostra vita. Nella liturgia della grande veglia pasquale accendiamo il fuoco nuovo, illuminiamo la chiesa con la luce nuova del cero pasquale, benediciamo l’acqua nuova. Con Cristo risorto tutto è nuovo. La nostra vita di fede è troppo spesso stantia. Troppo spesso ha l’odore della muffa ed il sapore rancido.
Pasqua è la parola che indica anche l’attraversamento del mar Rosso e quaranta anni dopo del fiume Giordano per entrare nella Terra Promessa, la terra nuova della libertà vera, la terra che il Signore ha preparato per i suoi e nella quale vive con il suo popolo. C’è sempre da attraversare qualcosa, da avere il coraggio di affrontare un pericolo che ci sembra insuperabile. C’è sempre da chiedere a Dio l’aiuto per andare avanti. E Lui ce lo dona.
Sia questa per noi la Pasqua della fede, della fiducia in Dio. Sia la Pasqua del coraggio di lasciare tutto per andare, per mettersi in viaggio, per attraversare il mare ed il deserto inseguiti da chi è più forte di noi ma non di Dio. Sia questa la Pasqua nella quale esplode in noi la novità della vita. Il profumo nuovo della primavera, del seme caduto in terra che dopo essere morto, e solo dopo essere morto, porta molto frutto.


Vater Arrigoni

lunedì 6 aprile 2009

Ecce Homo (di padre Valter Maria Arrigoni)


Ancora per una volta non offro una riflessione sul Vangelo della domenica prossima perché è la domenica di Pasqua ma degli spunti di riflessione per questa settimana santa, di Passione. Nel rito ambrosiano si chiama “settimana originale” perchè sta all’origine di ogni settimana. E’ il modello originale sul quale si modella il tempo dell’anima. Della vita alla luce di Dio. Il passaggio dalla morte alla vita. Il passaggio del dolore attraverso il venerdì santo della morte alla notte del sabato santo quando fra le tenebre si vede la luce della vita che trionfa, della risurrezione. Uno scrittore russo della letteratura clandestina, del samizdat, scriveva che “tanto più buia è la notte tanto più luminose brillano le stelle, quanto più profondo è il dolore tanto di più sarà la gioia”. Per questo in questa meditazione mi soffermo su alcuni aspetti della Passione, che abbiamo letto la domenica delle palme. Nel lavoro spirituale, nella fatica della conversione, quasi fosse un compito, una lezione, un insegnamento scolastico seguo l’insegnamento di san Bernardo di Chiaravalle che diceva “age quod agis”, fai bene quello che stai facendo. La tappa prima della Pasqua di risurrezione sono i tre giorni del dolore, del tradimento, della solitudine, del disprezzo, della morte. Direi anche della disperazione perché i protagonisti, Maria, Giovanni la Maddalena davanti alla morte di Gesù non fingevano di soffrire ma erano uomini davanti alla morte del figlio, dell’amico, della persona amata. Maria non era Addolorata per finta, non recitava ai piedi della croce. Maria era, in quel momento, una madre alla quale moriva in un modo drammatico il figlio unico. Partendo dalla lettura del Vangelo di domenica, liturgicamente chiamato il “Passio”, cioè la lettura della Passione, ci sono tre parole che sulle quali medito in questi giorni, che illuminano la mia preghiera: silenzio, uomo, preghiera. La prima parola è “silenzio”. Gesù vive la sua passione e morte nel rumore, fra le grida, nella violenza che è anch’essa un rumore, un “non silenzio”. Anzitutto occorre aver chiaro che rumore non sono solo le parole o quello che si sente con le orecchie. E’ rumore la violenza di certe immagini che vediamo quotidianamente durante i telegiornali. E’ rumore lo stupro, la pedofilia, la corruzione dei politici, le immagini pieni di sesso e di erotismo. E’ rumore anche la stupidità di certe trasmissioni (domenica ero a pranzo in una famiglia e sul primo canale della Rai c’erano alcuni che stavano discutendo su Wanna Marchi, Fabrizio Corona, come se fossero una questione di valori, di ideali. Ma quel che è peggio è stato l’aver visto l’interesse per questi argomenti!). Gesù soffre e muore in mezzo al rumore di una città che sta vivendo la vigilia della festa. Oltretutto dopo le quattro della sera tutto veniva chiuso perché si entrava nel giorno della Pasqua. Quando Gesù, carico della croce, passa per le vie di Gerusalemme la città non solo non si ferma ma viene addirittura infastidita da questo corteo del dolore fra le viuzze strette, gremite di folla, fra gente accalcata. Ho visto la stessa cosa attorno alla processione della palme o a quella, la sera prima, della giornata della gioventù. Mi ricordo venti anni fa, quando arrivai a Foggia, che quando passavano le processioni (palme, Corpus Domini, Icona vetere) le saracinesche venivano abbassate, la gente si faceva il segno della croce, tutto significava rispetto. Adesso non solo tutti i negozi rimangono aperti ma vedo gente indaffarata, distratta, infastidita dalla processione che rallenta il traffico, crea impedimenti. Vedo molti ragazzi, sempre più giovani, che con atteggiamento di sfida fumano e continuano a fumare, si sbaciucchiano, per dimostrare non solo il loro disinteresse ma anche il loro disprezzo. Silenzio davanti a Cristo che soffre e muore significa spegnere per questi giorni il rumore del mondo. Lasciare che siano gli occhi a vedere, ad ascoltare, a parlare. “Contempleranno Colui che hanno trafitto”. “Jesus autem tacebat” . in mezzo al gridare arrabbiato dei soldati, del sommo sacerdote Caifa, di suo suocero Hanna, dei falsi testimoni Gesù, dal canto suo taceva. Al rumore della violenza dei soldati che lo schiaffeggiavano, gli sputavano addosso, lo flagellavano, gli gridavano derisioni ed offese, Gesù taceva. Il suo sguardo di Dio fatto uomo, di uomo sacrificato, di uomo di benevolenza e di pace si posava con tenerezza, pace, dolcezza, perdono su chi gli faceva del male. Fermiamoci in silenzio a contemplare questo sguardo. Guardiamo e tacciamo. Questa notte c’è stato un terremoto terribile in Abruzzo e subito sono partite le parole. Inutili e vuote. Orribilmente scontate dei giornalisti, dei politici, di tutti i mestieranti del dolore. Finte compassioni. False condoglianze. Non vere promesse. Perché non rimanere in silenzio, guardare e darsi da fare senza parole? Perché non provare una vera compassione, che vuol dire”soffrire insieme”. Il silenzio non è non avere niente da dire ma lasciare che sia la vita, il cuore, l’anima a parlare. Silenzio vero ed umano, divino come quello di Gesù, non è non avere niente da dire, ma lasciare che parli la nostra vita, il nostro essere. Un proverbio dice “si nasce soli, si soffre soli, si muore soli”. Un aspetto del silenzio è la solitudine. Gesù che è stato circondato dalle folle per tutta la sua vita pubblica, cinquemila persone alle quali ha dato da mangiare pane e pesci, dodici apostoli, che lo seguivano, le pie donne che lo servivano. Tutta la gente che ha visto i suoi miracoli ed ascoltato i suoi insegnamenti. Di tutta questa gente alcune persone si sono trasformate in nemici che volevano la sua morte ed altri, i suoi più intimi, sono fuggiti lasciandolo solo. Lo stesso Pietro giura e spergiura di non conoscerlo. Hanno paura di subire la stessa sorte. Di essere anche essi crocifissi se riconosciuti suoi seguaci. Bestemmiatori come lui. Condannati a morte e crocifissi senza pietà, senza dignità, nudi davanti agli occhi di chi passa, di chi guarda con curiosità morbosa. Gesù soffre e muore solo. C’è la sua mamma, c’è Giovanni, la Maddalena, le altre Marie eppure lui grida la sua solitudine: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?”. Già all’inizio di questa notte di Passione, nell’orto del Getsemani, i suoi discepoli si addormentano. Si sente solo ed abbandonato. Eppure accetta questa solitudine. Il silenzio cosmico. Addirittura il silenzio di Dio Padre al quale si rivolge (“Tu puoi allontanare da me questo calice”). Il “silentium Dei”. Dio che non viene in aiuto alla nostra morte ed al nostro dolore. O forse Dio che è presente in un modo diverso da quello che ci aspettiamo. Dio che è presente ma solo nel silenzio lo possiamo sentire. Nella nudità, nella solitudine, nella morte. Pietro dopo averlo rinnegato tre volte “pianse amaramente”. Il peccato, il tradimento lo hanno reso capace di lasciarsi penetrare, occupare nell’intimo dal vero Gesù, dal volto misericordioso, pieno di tenerezza e di perdono del Signore. Solo nel silenzio che lo contempla potremo vivere l’incontro con Gesù. Parteciperemo a processioni, sacre rappresentazioni, riti rumorosi, tradizionali, spesse volte organizzati dalla pro-loco ma vi chiedo di trovare il tempo per fermarvi, prendere in mano un crocifisso e contemplarlo. Imparare da Cristo che soffre e muore come si vive. Altrimenti il nostro sarà un cristianesimo senza Cristo. Non nel senso del consumismo del Natale, ma proprio dell’esistenza, della vita, del nostro dirci cristiani senza lasciare a Gesù uno spazio nel nostro modo di vivere e di essere. Il silenzio diventi in questa settimana santa del 2009 anche qualche momento di solitudine nel quale essere soli con se stessi e con Cristo. La seconda parola, il secondo spunto della riflessione, è la frase che il Centurione romano, un pagano, uno che non conosceva Gesù (né un ebreo e neppure uno dei discepoli) dice secondo l’evangelista Marco: “Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse:’Veramente questo uomo era Figlio di Dio’”. Penso spesso alla scena che si presentava a coloro che passavano, quel venerdì, davanti al Calvario, davanti alle tre croci. I delinquenti venivano infatti crocifissi in un posto dove potevano essere visti da molti perché la loro punizione fosse di monito agli altri perché non facessero le stesse cose. Passavano quel venerdì per entrare nella città di Gerusalemme, tanti perché era la vigilia di una festa importante, di quelle nelle quali i pii israeliti dovevano recarsi al Tempio. Passavano e vedevano tre uomini crocifissi. Uno di questi tre è Dio fatto uomo. E’ l’unica salvezza, l’unica risurrezione, l’unico perdono, l’unica vita vera. Cosa lo differenziava dagli altri due? Niente, assolutamente niente. Dio che si fa uomo, in tutto simile all’uomo, a me, si rivela come vero ed unico Dio, per come muore. Dio mi incontra sulla croce ed io posso incontrare Dio solo sulla croce. La croce di ogni uomo. Solo se divento capace di amare ogni uomo, di rispettarlo, di aiutarlo, addirittura di adorarlo divento capace trovare Dio, di amarlo, di pregarlo, di adorarlo. Inchinarsi davanti all’umanità sofferente. Cristo non è nella statua che portiamo in processione. Cristo non è nel crocifisso artistico di molte delle nostre chiese ma è in ogni uomo. Sono frasi, parole, concetti ripetuti tante, infinite, volte da me ma anche da tanti in questi duemila anni, eppure non hanno scalfito né la vita né il modo di pensare e di agire neppure di molti di coloro che si professano cristiani. Il silenzio, la solitudine, l’adorazione di Gesù contemplato anche nel volto del fratello che soffre (in questi giorni di coloro che vivono il dramma del terremoto) è la preghiera. Pregare non sono le parole che diciamo (che spesso sono il rumore che facciamo davanti a Dio) ma pregare è stare con Dio ogni istante della vita. Avere sempre presente il Signore, non come una idea lontana, astratta, ma come la presenza dell’amico dentro la mia vita. Il vangelo di domenica iniziava con il gesto della prostituta, in casa di Simone, che profuma con un profumo costosissimo Gesù. Un inutile spreco secondo alcuni dei presenti. Proprio come è inutile, per molti, il tempo dedicato alla preghiera. Pregando lasciamo entrare Gesù nella realtà della nostra vita dapprima e poi nel mondo. Come il profumo che si espande. Prima nel mio cuore, nella mia cela interiore, e poi da me nel mondo che mi circonda.
Silenzio che diventa solitudine, silenzio che diventa contemplazione di Dio attraverso il volto e le situazioni dei fratelli, silenzio che è la mia preghiera. Silenzio davanti alla croce di Gesù. Silenzio con Gesù sulla mia croce. Silenzio come unica possibilità per sentire la sua voce che mi parla. Silenzio come unica possibilità, sabato, nella notte, di incontrare il Risorto.