venerdì 7 novembre 2008

"Di chi siamo?" (di padre Valter ARRIGONI)


YHWH dice al re dei persiani, Ciro, un pagano, il re di coloro che tenevano gli ebrei schiavi: “Io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo sebbene tu non mi conosca. Io sono il Signore … ti renderò spedito nell’agire, anche se tu non mi conosci”. C’è un solo Dio e Signore e tutti gli altri titoli con i quali son chiamati gli dei sono solo dei nomi che l’uomo nei secoli e nei diversi luoghi ha dato all’Essere supremo. Avere una divinità è una necessità dell’essere umano. Avere valori eterni, speranza eterna, Qualcuno con il quale confidarsi, parlare, Qualcuno da pregare. Non può vivere l’uomo, nessun uomo, senza Dio. Dio è padre, creatore, Signore di ogni uomo, di tutti gli uomini. Questa Parola che ci viene detta attraverso il profeta Isaia oggi ci invita a riconoscere in ogni essere umano un nostro fratello perché ogni essere umano ha Dio come Padre e creatore. Ma la Parola del profeta ci invita a fare molto di più. Ci indica una via di crescita spirituale, uno stile, un modo di vivere e di affrontare la vita che è quello di riconoscere in tutto ed in tutti uno strumento del quale Dio si serve per attuare il suo piano nella storia universale e nella storia della vita di ciascuno di noi. Giovanni Paolo II diceva: “Dio scrive dritto anche sulle righe storte della nostra vita”. saper riconoscere al fondo di noi stessi e di ciò che ci accade il piano di Dio. Saper leggere il positivo della storia che Dio costruisce con noi giorno dopo giorno. Perché la storia di Dio e con Dio è una storia di salvezza. È la storia della sua fedeltà all’alleanza che ha fatto con ognuno di noi fin da quando eravamo nel grembo della nostra madre. L’alleanza di Dio è per noi una benedizione. Saper cogliere la positività dentro le vicende non è solo un esercizio di igiene mentale, non è uno sforzo menzognero dettato dal non voler soffrire e star male ma è saper leggere la presenza di Dio il quale parla spesso con la “sottile voce dl silenzio”. Ci sembra che non ci sia, che non si ricordi di noi, anzi addirittura che ci volga le spalle in certi periodi, anche lunghi, della nostra vita. eppure Dio non solo c’è ma opera, realizza il suo piano. Ed il suo è un piano di amore che ha la centro la nostra felicità. La nostra gioia, il nostro paradiso. Certamente gli ebrei che si trovavano in Babilonia, sconfitti e deportati dai Babilonesi che poi lasciarono il comando agli Assiri che vennero Soppiantati dai Persiani (che poi cadranno con Dario nelle mani di Alessandro Magno) erano resi ciechi e disperati dalla loro situazione di schiavitù. Si lamentavano con YHWH che li aveva dimenticati, che aveva lasciato che altri popoli, con altri dei, mettessero i piedi sulle loro teste. “E come potevamo noi cantare i canti di Sion con il piede straniero sopra il cuore? Con i morti abbandonati nelle piazze? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese!”, è la meravigliosa traduzione che Quasimodo ci offre di un salmo che veniva cantato dagli israeliti deportati. Quasimodo traduce questo salmo pensando agli ebrei deportati nei lager nazisti. Altro momento, lungo periodo della storia, nel quale è difficile- impossibile- saper vedere il piano salvifico di YHWH. Eppure anche in quegli anni Dio era presente, teneramente e pieno di amore e di misericordia, accanto ad ognuno dei suoi figli che soffriva e moriva.
Il re Ciro viene chiamato da YHWH, nel libro del profeta Isaia, nel brano che leggiamo:”eletto”. Nel testo ebraico troviamo una parola importantissima MESSIA. Ciro è un Messia cioè uno che diventa strumento della volontà di Dio. Messia come Gesù Cristo (Cristo è messia detto in greco). Questo brano ci introduce al Vangelo. Ancora una volta siamo in un clima polemico, ostile. Ormai sono finite le parabole della misericordia, della vigna del Signore e siamo entrati nella parte nella quale il Vangelo di Matteo ci presenta dei fatti, delle vicende. Stiamo avvicinandoci alla Passione di Gesù. Il brano del Vangelo inizia con i Farisei che, stanchi di essere umiliati e zittiti da Gesù davanti alla gente, si riuniscono “per coglierlo in fallo nei suoi discorsi”. Mandano da lui gli erodiani. Sono quelli del partito di Erode, filo romani. Se Gesù avesse risposto, come i farisei si aspettavano, con una risposta anti romana, di condanna dell’imperatore, di incitazione a non pagare le tasse all’oppressore, gli erodiani sarebbero corsi dall’autorità romana a denunciare Gesù che sarebbe stato condannato. Ma Gesù approfitta della subdola domanda dei farisei per darci un insegnamento. Lo stesso del profeta Isaia. “Dare a Cesare quel che è di Cesare ed a Dio quel che è di Dio”. Riconoscere che Dio è al di sopra di Cesare, che si serve anche dell’imperatore pagano dei romani,per realizzare la sua storia. San Pietro nella sua prima lettera scrive: “Siate sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore: sia al re come sovrano, sia ai governatori come ai suoi inviati per punire i malfattori e premiare i buoni ... state soggetti con profondo rispetto ai vostri padroni, non solo a quelli buoni e miti, ma anche a quelli difficili”.
Sant’Agostino nel commentare questo Vangelo scrive: “Come Cesare cerca la propria immagine su una moneta così Dio cerca la propria nella tua anima. Il salvatore dice: Rendi a Cesare quel che è di Cesare. Che cosa vuole da te Cesare? La sua immagine. Che cosa vuole da te il Signore? La sua immagine. Ma l’immagine di Cesare è scolpita su una moneta, mentre l’immagine di Dio è dentro di te. Se la perdita di una moneta ti rattrista a maggior ragione dovrebbe frati piangere l’aver disprezzato l’immagine di Dio che è in te”. Ed io aggiungo in questi tempi di razzismo violento che troppo spesso violentiamo, bestemmiamo, l’immagine di Dio che è in ogni uomo. Ed in questa città dove è diffuso il lavoro in nero ed una forma di schiavitù in molte campagne. E l’usura. Ed il violento abuso di quella che dovrebbe essere la giustizia. Siamo spesso di fronte allo sfregiare il volto di Dio. Siamo spesso spettatori di torti, di violenze, di abusi, che bestemmiano Dio nel maltrattare gli esseri umani, soprattutto i piccoli, i poveri, gli indifesi. Coloro che non sanno parlare, far valere le proprie ragioni. Coloro che sono costretti a cedere davanti al potente di turno.
Un testo della comunità cristiana del primo secolo, dal titolo “lettera a Diogneto” diceva: “come l’anima è per il corpo così il cristiano e la chiesa sono per il mondo”.
La nostra libertà ci deve rendere capaci di essere la coscienza che richiama al valore della vita umana, di ogni vita umana. Non possiamo per piaggeria o peggio ancora in cambio della moneta di Cesare tacere, fingere di non vedere, passare sopra certe situazioni scandalose. In cambio di soldi, di potere, di sicurezza, di privilegi. Lasciare che continui la Passione di Gesù nel mondo nel quale viviamo. Nella città dove abitiamo. Non importa chi sta al potere. Ogni potente, ogni vincitore di elezione, sindaco, presidente della provincia, della regione, parlamentare ... è chiamato a servire l’uomo. Se è credente è chiamato a servire Dio nel servizio dell’uomo. Se non lo fa. Se si lascia condizionare da logiche di potere, di raccomandazione, di corruzione, di latrocinio, dovrà renderne conto a Dio stesso. Ma guai a me se taccio! Allora sono complice! Muore il peccatore ma della sua morte verrà chiesto conto a me. Non importa chi comanda perché al di sopra di tutti c’è Dio,l’Altissimo, il Signore dei Signori, il Re dei re della terra.

Valter Arrigoni

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