lunedì 14 luglio 2008

3 - Il cuore "indurito" - "La sapienza del cuore" (a cura di Padre Fabrizio CARLI)


Se la società pagana aveva raggiunto - sia pure non universalmente - tanta depravazione, anche presso gli Ebrei si riscontravano gravi deviazioni morali. Lo vediamo anche solo dal Vangelo. Nel suo passaggio in mezzo agli uomini, lungo le strade, nelle borgate e nei paesi della Palestina, Gesù incontra infatti non solo tante infermità corporali, ma anche molte miserie morali. Anche il popolo eletto aveva prevaricato, nonostante l’alleanza sancita con Dio, l’opera dei profeti, il vivissimo attaccamento alle tradizioni nonché il richiamo continuo all’osservanza della legge da parte dei suoi meticolosi depositari.Su tutte queste miserie fisiche e spirituali Gesù si curva con tratti di squisita delicatezza e bontà: guarisce la carne dolorante, rasserena le anime, illumina le menti, fa trovare il vero amore a cuori che lo cercavano traviando.Tra le miserie umane incontra anche uomini dal cuore indurito: ebbene, solo contro di essi usa parole di indignazione e di minaccia. Questo atteggiamento di Gesù ci deve far molto riflettere. L’indurimento del cuore è forse la più grave condizione morale a cui l’uomo possa ridursi. Il cuore indurito non si apre né, si lascia penetrare in alcun modo dall’amore. E allora l’uomo, totalmente senza amore, è moralmente senza vita, poiché, “chi non ama sta nella morte” (1 Gv 3,14).Nel Vangelo ci troviamo spesso di fronte a manifestazioni tristissime di tale indurimento di cuore: per esempio, nell’episodio della guarigione del paralitico presso la piscina di Betzatà, narrato da san Giovanni (Gv 5,2-16). Quel paralitico era infermo da trentotto anni; Gesù lo vede e sapendo che da molto tempo stava così lo risana dicendogli: “Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina”. E l’uomo si alza, si carica del lettuccio e va verso la vita che per lui ricomincia.Ma è sabato, e vige per gli Ebrei il precetto del riposo festivo. Vi è subito allora chi rinfaccia all’uomo che non gli è lecito portare il suo lettuccio. Zelo della legge, certo. Ma si può non rimanere colpiti dalla durezza di cuore che dimostrano questi zelanti custodi della “lettera” della legge? Come mai non hanno il minimo senso di compassione per quell’uomo così lungamente provato dall’infermità? Perché non riescono ad immedesimarsi in lui, a capire la sua situazione, a partecipare alla sua gioia per la salute ricuperata?Il cuore indurito è incapace di questi sentimenti; e al contrario, è capace di propositi malvagi. Difatti l’evangelista aggiunge che per avere Gesù operato questa guarigione in giorno di sabato, “i Giudei cominciarono a perseguitarlo” (Gv 5,16). E’ la tragica sequenza del male nel cuore senza amore: di fronte al bene goduto o compiuto da altri, risponde accrescendo in se il male con l’odio a quel bene, con la volontà addirittura di distruggere chi lo gode o chi lo compie. Tutto questo appare ancor più evidente nell’episodio della guarigione dell’uomo dalla mano inaridita, in cui san Marco sottolinea l’”indignazione” di Gesù di fronte alla durezza di cuore dei farisei. Il fatto avviene in piena sinagoga e ancora di sabato. L’evangelista fa notare che i farisei “osservavano Gesù per vedere se lo guariva per poi accusarlo”. Gesù tenta di illuminarli, facendoli riflettere che in quel caso non si tratta di una violazione del precetto del riposo festivo: “è lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?”. “Ma essi tacevano”. Incapacità di comprendere oppure ostinazione, o l’una e l’altra insieme. Il cuore indurito infatti è chiuso ed ostinato. Allora Gesù, “guardandoli tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori”, dice all’uomo: “Stendi la tua mano”; ed egli la stende e la mano è risanata. Ed ecco immediata la reazione dei farisei: “uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (Mc 3,1-6).La sequenza del male nel cuore indurito, dicevamo, in san Giovanni abbiamo visto che i nemici di Gesù dopo la guarigione del paralitico incominciano a “perseguitarlo”; ora il loro proposito si fa addirittura omicida: tengono consiglio per “farlo morire”.Tanto è vero che proprio ai farisei dal cuore indurito Gesù applica la parabola di quei vignaioli che non solo percuotono e uccidono i servi mandati dal padrone a ritirare il raccolto, ma giungono ad uccidere il figlio stesso del padrone, pensando così di averne essi l’eredità. Stoltezza, se non follia, a cui può giungere il cuore indurito. I destinatari della parabola comprendono benissimo che è detta per loro; difatti, “udite queste parole, cercavano di catturarlo” (Mt 21,45), confermando così di essere davvero quei vignaioli omicidi.Di fronte invece alle debolezze umane che non comportano necessariamente indurimento e malizia del cuore, pur essendo un traviamento, Gesù non ha mai espressioni di indignazione e di minaccia. Chiama infatti “amico” persino Giuda, quando col bacio sta consumando l’atto del tradimento; promette subito il paradiso al ladrone pentito sulla croce; riconferma a Pietro, che lo ha rinnegato, la missine di pascere in nome suo gli agnelli e le pecore; offre la pace agli apostoli che lo hanno precedentemente abbandonato, apparendo dopo la risurrezione e rincuorandoli perché credano.La stessa misericordia, la stessa delicatezza usa verso altri peccatori, che incontra sul suo cammino: alla donna adultera, per esempio, e alla peccatrice innominata del racconto di san Luca, offre il perdono e rivolge l’invito a non peccare più; accetta di essere ospite del pubblicano Zaccheo per portare la salvezza nella sua casa, e tra i suoi apostoli chiama anche il pubblicano Levi. Ed è proprio questi a riportare le parole dette da Gesù ai sommi sacerdoti e agli anziani del popolo: “in verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21,31). E ne da la ragione: “è venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli” (Mt 21,32).Il cuore traviato può trovare facilmente nell’infinita misericordia di Dio redenzione e salvezza; mentre è ben difficile che il cuore indurito si ravveda, si penta e si apra alla salvezza. Ci troviamo di fronte, se non proprio al mistero, all’abisso del cuore umano in cui può annidarsi tutto il bene come tutto il male. “Chi mai può dire: “ho il cuore mondo”?” si chiede l’autore dei Proverbi (20,9); “il tuo cuore è pieno di inganno”, dice il Siracide (1,40); “più fallace di ogni altra cosa è il cuore e difficilmente guaribile; chi lo può conoscere?” conferma il profeta Geremia (17,9). In un certo modo, queste espressioni compendiano la lunga, triste esperienza dei traviamenti del cuore fatta anticamente dagli uomini. Allo stesso tempo, nelle parole di Geremia si può sentire anche una eco di quella voce che di tanto in tanto si è levata nell’antichità - anche da parte di scrittori pagani – come ad esprimere l’anelito inestinguibile del cuore umano verso quel bene perduto che solo poteva colmare il suo vuoto e placare la sua sete. Ma nessun uomo poteva rispondere a quell’anelito. Quando giungerà la pienezza dei tempi stabilita dall’infinita sapienza e dall’infinito amore, sarà Dio stesso a raccoglierlo e a risanare il cuore dell’uomo.

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