mercoledì 7 gennaio 2009

ANNO NUOVO VITA NUOVA (di Padre Valter Arrigoni)

Il primo gennaio la Chiesa lo dedica alla Madre di Dio ed alla giornata della pace. Si tratta di porre l’accento e la nostra meditazione sul senso della vita. Affermare fin dall’inizio dell’anno per noi credenti che con l’anno nuovo inizia una vita nuova. Ci è data una occasione per convertirci, per cambiare ed affermare, non solo a parole, ma con la vita stessa che cambiare è possibile. Non solo doveroso. Nei nostri giorni stiamo assistendo al crollo del modello di vita capitalistico, dove tutto era consumismo in qualche modo dominato da un egoismo viscerale, dall’attenzione così centrata su di sé che gli altri, il prossimo, come lo chiama Gesù, i nostri fratelli, come lo chiamiamo in tutte le liturgie, sono legati a noi e noi a loro. Non si può, oggi, pensare di salvarsi da soli. Occorre riscoprire il senso della comunità umana. Il nostro Vangelo, quello che Dio ci insegna, quello che è il cuore del messaggio del Signore Gesù è che l’amore salva. San Giovanni della Croce insegna che al termine della nostra vita saremo giudicati sull’amore. I gesti concreti che facciamo, abbiamo fatto, colorano la nostra esistenza quotidiana. Un anno che inizia, un anno nuovo, segue un anno che finisce, una esistenza fino ad ora. Mi chiedo, in questi giorni che ho deciso di passare all’eremo dove ho passato l’estate, di guardare con verità, unica possibilità di essere liberi, la mia vita, il mio esistere fino ad oggi. Di leggere i fatti che hanno costruito i giorni, l’essere, il vivere. Io chi sono? Non chi penso di essere, non l’ideale che vorrei essere ma chi sono realmente. Nella sua lettera ai colossesi, letta nella domenica della santa famiglia, Paolo compila un elenco di virtù che sono il modo di essere dell’uomo di Dio. “Tenerezza”: avere il coraggio di manifestare i nostri sentimenti, il voler bene, lo stimare, l’apprezzare. Dire agli amici, alle persone che si amano, alla moglie, al marito, ai figli: “ti voglio bene”. Diciamo così facilmente la nostra rabbia, il rancore, le cose negative. Affermare la nostra tenerezza verso le persone che ci circondano non è segno di debolezza, di non virilità, ma è lasciare spazio a sentimenti buoni. Creare intorno a noi un clima di bellezza. Quando qualcuno muore,non si può più dirgli il bene che gli si è voluto. E’ troppo tardi! Non lasciamo spazi di rimpianto nei nostri rapporti. Dopo la tenerezza, Paolo, scrive “la bontà”. Essere buono significa avere l’altro al centro della nostra vita. Essere attento all’altra persona. Il contrario di buono è cattivo che significa colui che pensa solo a se stesso. Tutti gli altri, compresi i figli, sono al servizio del cattivo, dell’egocentrico, dell’egoista. “Esisto solo io e tutto il mondo mi gira attorno e mi deve qualcosa”. Così pensa il cattivo, l’uomo che non è buono. Per lui gli altri sono solo cose, possesso, beni proprio da usare ed ai quali non dare niente. Quanti ne conosco! Pieni di belle parole ma aridi di amore e di bene. “Buono” è uni degli attributi di Dio, Dio che è amore, Dio che arriva a donarci suo Figlio che adesso, in questi giorni contempliamo nella culla appena nato ma che nella settimana santa contempleremo nell’atto estremo, sublime del suo amore che si dona totalmente. Buono è colui che, imitando Gesù e Dio, si dona totalmente agli altri, per gli altri, per tutti certo ma almeno per quelli che dice di amare. “Umiltà” è l’altra caratteristica dell’uomo di Dio. San Carlo, della nobilissima e potente famiglia dei Borromeo, quando venne a Milano come Vescovo, scelse come motto dl suo episcopato “Humilitas”, umiltà. La parola umiltà viene dal termine “humus”, terra. E’ il riconoscere che siamo tutti terra. Io ed il presidente della Repubblica siamo uguali, siamo fatti di terra ed in terra torneremo. Così io e la zarina di tutte le Russie, Caterina la grande, siamo fatti della stessa terra. Riconoscere la profonda uguaglianza fra tutti gli uomini è la fonte dell’umiltà. Pone tutti al mo stesso livello. L’umiltà mi porta ad aver rispetto per ogni uomo. Non si tratta di umiltà pelosa, di falsa umiltà, di atteggiamenti ipocriti ma di onorare ogni uomo a cominciare da coloro che sono per noi padre e madre. E’ un comandamento, una legge di Dio: “onora il padre e la madre”. Come è triste andare negli ospizi o nelle cliniche dove figli, anche pieni di fede a parole, hanno chiuso i propri genitori! Ma mi fanno ancora più disgusto i figli che vedono nel loro padre solo l’eredità, i soldi e i beni che il padre può lasciare loro. Quanti figli abbiamo visto a Foggia che non si parlano più da anni. Quanti hanno dilapidato capitali in avvocati. Quanti sono pronti ad uccidersi, si odiano, sono nella più assoluta falsità, perché non hanno ancora diviso, perché non sono ancora arrivati all’eredità. Mi diceva una madre prima di morire:”quando io me ne sarò andata i miei figli si uccideranno!”. E così sta accadendo fra sorrisi e pugnalate! Essere umili è non credersi fatti di una materia diversa dalla terra. Nessuno degli uomini è fatto d’oro. E poi, come insegnava Fabrizio de Andrè, “dal letame nascono i fiori e dai diamanti non nasce niente”. Essere umili non è solo un atteggiamento verso se stessi e verso il prossimo ma anche aprirsi allo stupore, alla meraviglia, alla sorpresa che ogni essere umano può riservarti. Dal letame nascono i fiori. Un altro modo di essere dell’uomo di Dio, un’altra sua caratteristica è la mansuetudine. Caratteristica dell’agnello che veniva immolato per la Pasqua. Il profeta Isaia riferisce questa virtù, questo modo di essere al Servo sofferente, a Gesù. Mansueto è colui che si fida talmente tanto di qualcuno da lasciarsi andare nelle sue mani e di lasciarsi fare tutto. Il beato Charles de Foucauld ha scritto una preghiera che dice “Padre mi abbandono a Te, di me fai quello che ti pare, mi fido di te perché tu sei il Padre mio, il fidarmi è una esigenza del mio amore per te”. Mansueto è colui che si fida e si lascia fare. Da Dio ma anche dagli altri. Da coloro che ama. “Magnanimità” avere l’animo grande. I latini dicevano “de minimis non curat praetor”. Colui che è superiore non si cura delle cose piccole. Dante Alighieri scrive:”Non ti curar di lor ma guarda e passa”. La magnanimità cristiana ovviamente non è una presunzione, una sicumera, un diniego ma è dare alle cose il loro giusto peso e valore. Secondo me il contrario di magnanimo è suscettibile. Colui cioè che si ferma sulle inezie e ne fa un motivo di guerra. Rancoroso. Vendicativo. L’uomo di Dio sopporta tutti. Il verbo sopportare significa che dobbiamo portare insieme (sub portare) la croce, il peso della vita. Non dobbiamo dire “io ti sopporto” ma “con te porto il peso che ti opprime”.
Con tutte queste caratteristiche diventa facile amarci. Diventiamo simpatici. Tutti gli altri ci cercano perché stare con noi è stare bene.
Questo è l’augurio che vi lascio per il nuovo anno e che faccio anche a me stesso:”che tutti stiano talmente bene con me che io possa diventare amico di tutti, amico di Dio ed amico degli uomini”.
Padre Valter Arrigoni

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