lunedì 12 gennaio 2009

Simone incontra Gesù - "In compagnia di Pietro" (di Padre Fabrizio Carli)

Torniamo al lago di Tiberiade, quella mattina in cui Simone lavava le reti, frustrato e di cattivo umore per aver passato tutta la notte senza aver pescato nulla. Ma quella mattina quegli occhi che lo guardavano da un’eternità senza che lui se ne rendesse conto, lo fissarono intensamente; egli aveva già saputo di Gesù da Andrea, che voleva presentarglielo. Il loro incontro ci è raccontato in modo molto profondo dall’evangelista Giovanni:
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: “ Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)” e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)” (Gv. 1,40-42).

Forse non abbiamo ancora scoperto nel profondo ciò che significano queste parole di Gesù; in esse possiamo già scorgere la grande verità e la grande promessa. Ma analizziamole un po’ meglio: “Simone, figlio di Giovanni!”: in tre parole il Signore racconta tutta la storia dell’uomo vecchio, cioè di Simone, sin dalla sua nascita. Ne aveva già conosciuto le tentazioni e le debolezze, i peccati, le lotte interiori e le ribellioni, ne conosceva il temperamento.
A Simone, figlio di Giovanni, Gesù avrebbe potuto dire ogni cosa delle sue liti e delle sue risse, della sua dedizione al peccato, delle sue qualità naturali di uomo molto dotato che tuttavia porta nel cuore il peso di tutta la sua miseria. Gesù, invece di gettare in faccia a Pietro queste pesanti verità, gli fa una promessa che, a tempo opportuno, si compirà, come sempre accade per la parola di Dio.
Questa promessa, tuttavia, non si realizzerà secondo i modi e i tempi di Pietro, ma secondo quelli di Gesù. Pietro sarà la roccia sulla quale Cristo edificherà la sua Chiesa, ma questo grande masso dovrà essere spezzato, scolpito, limato, per poter sostenere il grande progetto dell’ “Architetto”.
Per quest’uomo Gesù prepara un cambiamento del suo stato attuale: “Tu sei Simone, diventerai Pietro”. In quel momento Simone era ben lontano dall’essere una roccia e Cristo lo sapeva bene, ma sapeva anche che sarebbe venuto il tempo in cui Pietro, insieme agli altri apostoli, avrebbe trasformato il mondo con al potenza dello Spirito Santo.
Così scrive San Paolo nella Prima lettera ai Tessalonicesi: “Coli che vi chiama è fedele e farà tutto questo!” (5,24). Pietro doveva percorrere un cammino particolare nel corso della sua vita, attraverso esperienze molto diverse tra loro: doveva crescere spiritualmente e cambiare in modo radicale la sua mentalità, il suo carattere, le sue abitudini; doveva lasciare da parte il suo egoismo per potersi dare agli altri; doveva smettere di essere egli stesso il centro della sua vita per lasciare spazio a Gesù.
Attraverso il racconto dei Vangeli ci rendiamo conto che in varie occasioni Pietro era l’apostolo più lodato per i suoi progressi, come quando riconosce Gesù quale Figlio di Dio: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli” (Mt. 16,17); ma allo stesso tempo il più criticato, allorché non vuole accettare il pensiero della futura morte di Gesù: “Lungi da me, satana” (Mt. 16,23).
Pietro non sapeva quel che gli sarebbe successo nella vita, né poteva immaginarlo; sapeva soltanto di aver incontrato il Signore: qualcuno degno di essere seguito. Il Vangelo ci racconta che gli apostoli lasciarono tutto per seguire Cristo, ma la cosa davvero importante non è la scelta di abbandonare ogni cosa, quanto quella di seguire il Maestro: “ Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo” (Mt. 13,44).
Dal momento in cui Pietro accetterà di seguire Gesù, il suo compito sarà quello di tenere gli occhi fissi su quel tesoro, senza mai volgersi indietro.
Questo ci fa riflettere sulla nostra vita, sulle esperienze che abbiamo vissuto, sul nostro comportamento spirituale: Gesù ci chiama tutti per nome, e questo nome rappresenta, come nel caso di Simone, l’uomo vecchio e peccatore che Cristo ha, in seguito, cambiato e redento.
Quante volte, tuttavia, invece di dire a Gesù il nostro “eccomi” gli contrapponiamo la nostra durezza di cuore e gli impediamo così di entrare nella nostra vita. Molto spesso è difficile per noi accettare la misericordia di Dio; forse perché talvolta non siamo in grado di perdonare nemmeno a noi stessi, o forse perché misuriamo la bontà di Dio con la nostra. Immaginiamo un Dio meschino, limitato nella tenerezza nella compassione, come se, ad un determinato punto, oltre un certo peccato, la sua misericordia dovesse finire. Dimentichiamo che egli è totalmente “altro”, il misericordioso, l’eterna bontà, l’amore infinito e perfetto.
Se egli viene a noi accettandoci come siamo, allo stesso modo esige che lo accettiamo come è, senza limitazioni: Padre di amore e di bontà.
Già le prime parole di Gesù prefiguravano, per Pietro, una promessa, ed egli pensava di dover fallire, nonostante dietro questa consegna ci fosse tutto il potere di Cristo. Io mi domando allora: se quella promessa, che ancora oggi è la stessa, si compì in Pietro, perché non dovrebbe compiersi anche per me? Tutte le debolezze, i problemi, i peccati e le passioni, che sommuovono così spesso il mio cuore, erano le stesse che turbavano anche il cuore di Simone; tuttavia, quando Gesù termina la sua opera di “trasformazione”, nasce il grande apostolo che fu Pietro.
Dobbiamo vivere coscienti, fiduciosi e pieni di speranza nella grande promessa di Gesù, per la quale siamo figli di Dio e avremo parte del suo Regno, perché…colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (Fil. 1,6). L’opera di Dio in noi avviene attraverso il cambiamento e la trasformazione, anche se noi ne dubitiamo poiché siamo consapevoli della difficoltà della lotta contro noi stessi, e sappiamo quanto siano radicate le nostre passioni. Ma il potere di Cristo vince per noi, se soltanto sappiamo essere docili a questa trasformazione.
Tutte le cose insignificanti che ci procurano il piacere del mondo e ci tengono in schiavitù, ci fanno dimenticare la grande avventura di Dio; siamo chiamati, tuttavia, a non guardare a ciò che ci lasciamo indietro, ma a comportarci come quell’uomo della parabola che, una volta trovato il tesoro nel campo, non rimpiangere ciò che ha impegnato per averlo.
Domanda
Sei cosciente della chiamata del Signore e della sua promessa di salvezza? Come?
MEDITAZIONE
Domandati se continui a guardarti indietro, verso quelle cose che ti tenevano schiavo nel peccato, oppure se lasci tutto nelle mani di Gesù cercando di camminare con lui verso il suo Regno.
TRACCE DI RIFLESSIONE
Desidero assolutamente con tutto il cuore camminare con il Signore verso il suo Regno e gli ho consegnato la sola cosa che è mia: il mio peccato; non voglio più essere legato a ciò che non potrà mai darmi la vera felicità. A volte mi capita di guardarmi indietro e sentire che si risveglia ciò che era apparentemente morto, come se di nuovo volesse dominarmi: la differenza è che adesso non mi dà piacere, ma al contrario, quando mi accade, quasi inconsapevolmente, mi aiuta nella disciplina, facendomi comprendere chiaramente quali sono – quasi sempre le stesse – le mie debolezze. Gesù, nella sua bontà, continua a rivelarmele e allo stesso tempo mi dà la possibilità di allontanarmene, mettendomi nelle mani le armi per combatterle. E, al momento della battaglia, mi affascina essere suo soldato!

Come Pietro, anch’io ho avuto questo primo incontro con il Signore, quando ho sentito il suo sguardo dolce e profondo con il quale mi chiamava; quando lo incontrai ricevetti tutta la consolazione di cui avevo bisogno in quel momento della mia vita.
Egli venne a me quando ne avevo maggiormente bisogno; quando la vita mi era diventata difficile da vivere, quando oramai nulla aveva senso. Cercavo solo di continuare a lottare per portare avanti i miei figli, ma senza speranza, senza incentivo.
Tuttavia, come tanti altri, anch’io cercavo qualcosa che sapevo esistesse, pur senza riuscire a trovarla. Questo incontro venne a cambiare tutto; mi sono sentito amato e fortificato e, soprattutto, la mia vita ha acquistato uno scopo e una meta. Avevo incontrato qualcuno che mi spingeva a vivere e a lottare, e la cosa più importante è che lo facevo, finalmente, pieno di gioia e di speranza. Dopo tre anni da questa chiamata, capisco che il Signore è veramente fedele, che tutte le sue promesse si stanno compiendo in me; che la mia vita ora è piena di frutti d’amore e di pace; che conoscere e seguire Gesù, rende la nostra vita piena e degna di essere vissuta.
Io chiedo a Gesù la docilità, per accettare il suo piano nella mia vita, per permettergli di continuare a trasformarmi, affinché, come Pietro, possa terminare la sua opera in me.

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